Il bello (e il brutto…) della fantascienza, è che a volte si avvera. Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia sta esplodendo e avvicina il nostro mondo e la nostra realtà a certi scenari fantascientifici tracciati nel corso del ‘900 dai grandi scrittori del genere. Razzi automatici che vanno e vengono dallo spazio, collegamenti cerebrali uomo-macchina, protesi cibernetiche: non c’è un’innovazione tecnologica che non sia stata almeno teorizzata decenni prima in qualche romanzo, famoso o meno.

Ma qual è il genere che predetto il futuro con maggior precisione?

A mio avviso – e qui sta il “brutto” con cui ho iniziato – è il genere Cyberpunk.

Il Cyberpunk è un sottogenere della fantascienza che appare verso la fine degli anni ’70 e si concretizza a metà degli anni ’80 con i capolavori di autori che hanno fatto la storia della letteratura, come William Gibson (Neuromante, Johnny Mnemonic) e Bruce Sterling (La Matrice Spezzata). Il padre del Cyberpunk, il precursore del genere, è però universalmente riconosciuto in Philip K. Dick (Gli androidi sognano pecore elettriche, Ubik), che quasi due decenni prima aveva già steso il telaio su cui gli autori Cyber degli anni ’80 hanno imbastito il genere. Per come è nato e si è evoluto il Cyberpunk, si può anche parlare di Movimento Cyberpunk, fiorito intorno a riviste e raccolte di racconti e in mano a un numero ristretto di autori legati fra loro dalle medesime tematiche.

E perché dico che è una cosa brutta, che questo mondo stia iniziando a ricordare la narrativa Cyberpunk?

Perché non è un bel mondo in cui vivere, quello di Gibson e compagni. È una realtà tremenda, oppressiva, tecnocratica e violenta.

I temi Cyberpunk

La narrativa Cyberpunk pone al centro della propria ricerca, il rapporto dell’uomo con la macchina, il dualismo fra realtà e artificialità, il contrasto fra biologico e sintetico. Si potrebbe dire che il Cyberpunk sia una deriva della narrativa distopica: infatti, dove la fantascienza distopica indaga su come la scienza (e l’uso errato di essa) possa modificare la società, così il Cyberpunk scende nel dettaglio e guarda all’uomo e al suo rapporto con la tecnologia: indaga i rapporti fra essere umano ed essere sintetico.

Le ambientazioni Cyberpunk sono assolutamente distopiche. Esistono multinazionali senza scrupoli (Zaibatzu) che controllano l’economia, i governi sono corrotti fino all’osso, la spaccatura fra ricchi e poveri è immensa. La tecnologia si è unita alla biologia e l’uomo è diventato parzialmente macchina: arti cibernetici, occhi digitali, memorie estraibili, capelli al neon… l’estetica Cyberpunk richiama, appunto, il punk nella sfrontatezza e la tecnologia nel rendere le persone, a tutti gli effetti, superuomini.

Donna androide con la testa verso l'alto

In uno scenario Cyberpunk, si alternano quartieri di megacities ordinati come vetrine di una gioielleria, con persone bellissime e ricche che fanno shopping seguiti da robot servitori carichi di borse, ma appena dietro l’angolo, bambini sporchi stanno cercando del cibo nei bidoni lottando contro il mezzo automatico della nettezza urbana, appena fuori un bordello dove ragazze immigrate con il cervello bruciato dal grog accontentano degli svitati metà uomini metà cyborg che non hanno più un briciolo di sanità mentale nelle proprie sinapsi sintetiche.

Gli elementi Cyberpunk

Riepiloghiamo alcuni elementi fondanti del cyberstyle:

  • Megalopoli immense
  • Culture e razze mischiate, multiculturalità spinta
  • Cibernetica a poco prezzo
  • Il corpo è manipolabile a piacimento
  • Aziende colossali che sono più influenti degli stati stessi
  • Droghe sintetiche, sballi digitali
  • I ricchi sono immensamente ricchi, i poveri vivono una vita d’inferno
  • La tecnologia domina ogni cosa
  • Le intelligenze artificiali sono diffuse e controllano ampi aspetti della vita comune
  • La vita può essere sintetica: androidi, simil-uomini, cervelli sostituiti
  • La realtà è anche virtuale, ed è difficile cogliere il confine che le separa
  • Esiste una rete globale dove scorrazzano hacker a far guerra alle multinazionali, o per motivi criminosi

Un insieme di raffigurazioni del cyberpunk giapponese

Ci sono anche elementi tradizionali del genere, per chi volesse citare la vera e propria narrativa Cyberpunk originale:

  • la Matrice, evoluzione dell’attuale Internet
  • l’ICE, un firewall capace di rispondere attivamente alle intrusioni telematiche
  • lo Sprawl, la periferia delle megalopoli, abitata da hacker ed emarginati

È giusto citare gli elementi classici? Dipende. Per quanto mi riguarda, penso sia più elegante sviluppare dei propri termini e una propria ambientazione senza dimenticare mai l’origine che ha dato vita allo stile che si desidera ricalcare. Però, per strizzare l’occhiolino ai lettori navigati, qualche citazione non fa mai male.

L’estetica Cyberpunk

Per avere un’idea di come possa essere l’estetica Cyberpunk, bisogna tornare con la memoria agli anni ’80, turbocaricandoli con influenze futuristiche. Ad esempio:

  • Capelli con tagli azzardati e rigidi, da punk, colorati in maniera folle
  • Luci policrome al neon, ovunque
  • Abiti sintetici, mantelline trasparenti, gonne cortissime, camicie metallizzate, borchie
  • Materiali naturali spariti dalla vita comune, se non per gli ultraricchi
  • Occhiali a specchio (i Mirrorshades sono un classico assoluto del Cyberpunk)
  • Braccia e gambe di metallo all’ordine del giorno
  • Tatuaggi grafici in faccia, disegni luminosi sulla pelle
  • Pioggia perenne
  • Città viste quasi sempre di notte
  • Scritte in ideogrammi sinogiapponesi nelle pubblicità, sui grattacieli, nei negozi
  • Mezzi volanti che sfrecciano in cielo, traffico asfissiante a terra
  • Computer in ogni dove, per collegarsi alla Matrice/Internet
  • Gente con il cervello bruciato che vive in baraccopoli e in case abbandonate
  • Bidoni intorno a cui si scaldano i reietti
  • Prostituzione dilagante
  • Droghe sintetiche in ogni angolo

Una stanza con stelle che pendono dal tetto

La città Cyberpunk

La tipica città Cyberpunk non è così distante da una attuale Tokyo, Shenzhen o New York, semplicemente l’estetica è più spinta e dark. Un esempio meraviglioso di metropoli Cyberpunk ci è offerta dal capolavoro Ghost in the Shell, di Mamoru Oshii, un film d’animazione eccezionale che sintetizza l’intero movimento Cyberpunk sia nell’estetica che nei quesiti fondamentali: cos’è l’anima e dove risiede, in un mondo in cui si può diventare sintetici e abbandonare la propria umanità?

La città di Ghost in the Shell è letteralmente l’epitome della megalopoli cyber: immensa, con un cuore centrale ipermoderno e le periferie rimaste ancorate a una decadente tradizione.

Raffigurazione di una città cyberpunk

Un altro film che ha dettato la linea dell’estetica Cyberpunk è Blade Runner, di Ridley Scott, tratto dal libro di Dick citato in precedenza come precursore del genere (Do Androids Dream of Electric Sheep?). Una città notturna dove volano mezzi levitanti fra le fiamme di scarico delle ciminiere e le vette di grattacieli ricoperti di ologrammi pubblicitari, e dove androidi sbandati sono alla ricerca di una propria dignità spirituale.

Il corpo Cyberpunk

Dicevamo prima che nel mondo Cyberpunk, modificare il proprio corpo è all’ordine del giorno. Il progresso scientifico ha permesso all’uomo di sostituire tutti gli organi del corpo con dei corrispettivi cibernetici, che donano le stesse potenzialità di quelli biologici, oppure possono essere potenziati. Fegati che assimilano l’alcool, polmoni raddoppiati, branchie, braccia sulla schiena, articolazioni pneumatiche per i lavori pesanti, gambe ribaltate per correre come gazzelle. Il corpo è diventato un oggetto smontabile, come i vecchi giochi con le articolazioni magnetiche.

Una testa umana con del codice binario

Questa libertà ha un costo, che si paga in soldi e in sanità mentale.

Potenziarsi costa. Per avere il denaro necessario si è pronti a tutto, sia legalmente che illegalmente. Fiocca il mercato nero degli organi artificiali: un cuore nuovo in kevlar si può comprare nella bottega cinese sotto casa. Ci sono persone che si spingono a sostituirsi interamente, in una tensione generale che vede l’uomo proiettarsi a diventare macchina, androide. E questo ha un costo a livello di equilibrio. È pieno di squilibrati che compiono azioni efferate. Killer fuori controllo con la testa bruciata, le memorie in corto circuito. La polizia è militarizzata e iperviolenta.

Qui, la fantasia può essere totale. Il Cyberpunk è perfetto per giocare. Creare personaggi estremi, fuori dalle righe, con il corpo trasformato. Pazzi maniacali. Geni del crimine con i processori mentali potenziati. Poliziotti cazzuti ma problematici. Finanzieri senza scrupoli. Signori della droga. Hacker di un movimento politico radicale.

La rete Cyberpunk

Finora abbiamo parlato del mondo reale, ma c’è anche il cyberspazio.

Esiste un mondo digitale, percepito tramite ologrammi o realtà virtuale, dove viaggia gran parte della vita del futuro. È lì dove girano i soldi veri, dove chiunque si intrattiene e comunica. È come pensare a internet, ma con una marcia in più.

Domina la realtà aumentata e virtuale: occhi digitali proiettano informazioni a livello di retina. Ci si collega tramite porte corporali e ci si immerge. Il cervello è il tuo computer, stavolta davvero personale.

La memoria è diventata un oggetto manipolabile, riconfigurabile. Si possono iniettare pensieri, identità. Si possono archiviare le informazioni all’esterno, su dischi o chip cerebrali.

Tutto questo, non può che attrarre chi vuole manipolare questo ben di dio.

Gli hacker sono le figure più tipiche dello scenario Cyberpunk. Persone che, nel bene e nel male, sanno come far fruttare il mondo virtuale. La guerra si fa per le strade, ma anche e soprattutto nel cyberspazio. Ci sono firewall aggressivi che possono friggerti il cervello.

Un tipico scenario Cyberpunk vede un hacker impegnato a forzare dei conti correnti per conto della mafia di Macao, ma mentre è immerso viene raggiunto dai mercenari (nella realtà), della banca dentro cui sta tentando di entrare.

Si gioca fra realtà vera, e virtuale. C’è un dentro e un fuori che si compenetrano spesso e volentieri.

L’umanità non è la sola intelligenza nel pianeta. Esiste anche l’intelligenza artificiale, sotto varie forme. Può trattarsi di programmi avanzatissimi in mano alle Zaibatzu, oppure di entità digitali che vivono scorrendo nel vasto mare della rete. Queste intelligenze digitali possono avere un corpo, come un androide con la vita programmata per morire dopo tot anni di servizio. Possono essere dentro animali, come nel mio romanzo Sialon 02.

Il confronto fra mente biologica e sintetica è al centro della tematica Cyberpunk. Le domande esistenziali scuotono le menti disequilibrate dalla troppa modernità. Quand’è che si smette di essere umani, e si diventa virtuali, digitali?

Come dicevo prima, il Cyberpunk indaga questo, stringendo la lente della distopia per esplorare il rapporto dell’uomo con la tecnologia. La rete è dove questo legame si complica.

La violenza Cyberpunk

Il mondo Cyberpunk è in guerra. Stati combattono fra loro per il possesso delle risorse, i continenti sono in mano a regimi dittatoriali fuori controllo. Le multinazionali sono più influenti degli stati stessi, pilotano le guerre o ne scatenano di private. Eserciti mercenari combattono per conto delle Zaibatzu.

Le città sono militarizzate. Le periferie in degrado sono un calderone di violenza, malavita e tensioni. La polizia non basta, infatti i quartieri pullulano di operatori privati. Le aziende che contano, si proteggono da sé, con forze speciali o con l’ausilio di strumentazioni da guerra mosse da intelligenze artificiali.

Il crimine è all’ordine del giorno, ma sparisce nei quartieri ricchi del centro. Là, si vive la vita del turbocapitalismo spinto all’estremo. La finanza è una pietra fondante del mondo cyber. È un mondo di hacker, speculatori e intrallazzatori.

La polizia non indaga, piuttosto tiene a bada la massa di violenza che imperversa nei quartieri degradati. È difficile fermare un esagitato con le braccia in titanio e i pistoni articolari biopotenziati. La delinquenza è sotto steroidi.

Fucili tecnologici usati in scene cyberpunk

Ma non c’è solo la violenza urbana. Esiste anche una violenza mentale, una desensibilizzazione nei confronti della vita umana. In un mondo dove puoi cambiarti il cuore in una clinica diurna, quanto vale la vita biologica? Poco o nulla. Si ammazza per rubare organi e congegni. Si muore facilmente in città, basta fare un passo falso.

Le armi sono avanzate e più potenti delle nostre attuali. Per combattere contro gente potenziata, le armi si sono evolute. Capita di imbattersi in gente con armi da fuoco innestate dentro le proprie braccia. Per buttar giù i più pericolosi, quelli con il corpo interamente sintetico, possono servire armi speciali che friggono le elettroniche. Servono dispositivi per spappolare il cervello, dato che esso è un’arma come le altre: un cervello sintetico permette di controllare oggetti da lontano o forzare le difese mentali di una persona.

In pratica, pompare sulla violenza è un grande classico del genere.

Conclusioni

Il Cyberpunk è uno stile riconoscibile, vibrante e che ricorda un periodo attualmente di moda. Scrivere Cyberpunk è molto divertente. Il mio romanzo Gioia Grigia (a breve in uscita) prende dal genere per larghi tratti, e scriverlo è stato più appassionante del solito. Il Cyberpunk è come ci immaginiamo, solitamente, il futuro. Tanti altri scenari sono validissimi, ma il Cyberpunk è sempre stato quello che un po’ tutti pensavamo sarebbe diventato il mondo. Già solo l’esistenza del computer e di internet, motivano praticamente tutto ciò che caratterizza il genere. Tante tecnologie Cyberpunk, sono “solo” delle versioni avanzate di quelle attuali.

In ambito videoludico è atteso Cyberpunk 2077, un gioco molto atteso che sicuramente rintuzzerà la moda per questo genere.

È la fantascienza forse più immediata da scrivere, dato che è una versione drogata e accelerata della nostra realtà attuale.

Una considerazione: il Cyberpunk è perfetto per storie brevi, persino racconti. Scrivere storie brevi Cyberpunk è un modo perfetto per approcciare il genere.