A volte per scrivere basta un’idea, anche la più semplice. C’è chi ha idee di continuo e passa il tempo a prendere note e appunti con trame da imbastire e libri da scrivere. Altri invece hanno bisogno di un piccolo aiuto per ingranare, per allenarsi a scrivere e per guadagnare l’abitudine a creare storie. Si parla spesso di scrittura creativa, cioè di quell’insieme di trucchetti, esercizi e stratagemmi utili a sbloccare la creatività in ognuno di noi. Ce ne sono che partono dall’introspezione, altri che si basano sui giochi di parole. I miei preferiti sono quelli che abituano a elaborare idee partendo dal niente: ora ve ne propongo alcuni che uso con profitto quando tengo dei corsi di scrittura.
Gli esercizi sono similari: partire da situazioni peculiari, nonsense e anomale, e costruirci intorno una ministoria. Vale sempre il gioco di farsi delle domande relative all’idea ed elaborare possibili trame. Poi, bisogna scrivere l’inizio di una storia che comprenda l’idea. Va bene qualche paragrafo. Se si sente che l’idea ingrana, si può scrivere un breve racconto, una o due pagine al massimo. Non importa che sia autoconclusivo, potrebbe trattarsi di un bel plot che finisce in sospensione e lascia aperta la possibilità di approfondirlo in un secondo momento.
Vi ricordo che la creatività è comunque una cosa ben diversa dall’efficacia e da quanto scrivete bene!
Ogni oggetto ha una storia
Guardati intorno mentre stai leggendo questo articolo. Potresti essere alla tua scrivania, in bagno, alla stazione del treno. Scegli qualcosa che vedi, un oggetto di nessuna importanza. Va bene una spazzola, un orologio, una panchina, insomma qualsiasi cosa. Ora visualizza questo oggetto nella sua interezza, immaginalo davanti a te, ruotalo, completalo dei dettagli che mancano. Di chi è, o chi l’ha costruito? Perché? Da quanto tempo aspetta di essere usato? Vuole essere utilizzato oppure odia il suo “lavoro”? L’ha perso qualcuno? Nasconde un oscuro segreto?
Faccio un esempio estemporaneo: davanti a me c’è un orologio digitale con indicati la temperatura e il meteo. Era di mia madre, glielo regalai io un Natale di tanti anni fa. Funziona bene, è affidabile, è preciso. È anche bello da vedere, con i simbolini del meteo in bella vista: il sole, le nubi, la pioggia, la nebbia.
Ora immagino che, inspiegabilmente, c’è un simbolo nuovo laddove dovrebbe esserci l’indicazione del meteo. Non c’è il sole, né la pioggia. C’è un triangolo pulsante che continua a scomporsi e ricomporsi. La data anche è diversa: indica un anno nel futuro remoto, remotissimo. Prendo in mano l’orologio digitale e lo guardo perplesso. C’è una scritta in piccolo che scorre sotto lo strano triangolo. Connessione spaziotemporale, attiva.
Un potere magico
Vorremmo tutti avere un potere magico che ci distingue dagli altri. Quanti film e serie televisive trattano il tema dei supereroi? Ecco, fingiamo di avere un potere per un giorno. Ventiquattro ore alternative della nostra vita dove dar sfoggio del nostro nuovo superpotere magico. Non importa come l’abbiamo ottenuto, da chi e perché: il giorno inizia con la sveglia che suona, e il potere è già dentro di noi, dato per scontato. Unico contrappasso – perché c’è sempre un contrappasso in queste storie – è che lo stesso giorno, una persona ha ottenuto un potere identico al nostro, ma con cui farà del male alle persone e al mondo intero.
Ad esempio, io vorrei svegliarmi e sapere come viaggiare nel futuro. Posso andare avanti nel tempo quanto mi pare, anche di secoli o millenni. Vorrei troppo scoprire cosa ci riserva il futuro. Ma stamattina, a causa mia, un’altra persona si è svegliata col potere di andare nel passato, modificando gli eventi chiave della storia a suo vantaggio… cambiando così le sorti dell’umanità.
Sparisce qualcosa
Se un giorno, senza alcuna ragione apparente, sparisse qualcosa nel mondo… cosa succederebbe?
Questa è la domanda da porsi, e ora decidiamo cosa: potrebbe essere qualcosa di enorme e universale, come ad esempio, il sole o la luna. Altro esempio, potrebbero sparire tutte le banche, in uno schiocco di dita, e con esse i soldi della gente. Oppure possiamo immaginare che spariscano le Alpi, così all’improvviso: cosa succederebbe alle persone che si trovano in uno scenario del genere? Come reagirebbero, cosa farebbero?
A me piace immaginare uno scenario dove sparisce il mare, rivelando un mondo immenso di valli, montagne e pianure di fango che lentamente si solidifica permettendo alle persone di muoversi laddove un tempo c’era solo acqua.
Un pacco senza nome
Fingiamo che sia un giorno come un altro. Nessuna novità in vista, niente di eclatante da fare. È domenica. Improvvisamente suona il campanello. Non stiamo aspettando nessuno, chi sarà mai? Andiamo al portone e troviamo solo un pacchetto per terra, una busta chiusa e anonima. È per noi, dato che c’è il nostro cognome scritto a mano in un angolo della carta da pacchi. Lo portiamo in casa e lo apriamo: dentro cosa c’è? Una lettera? Un libro, un oggetto?
Ce lo manda qualcuno che conosciamo, oppure uno sconosciuto?
Ad esempio, dentro potrei trovare un libro, nuovo di stampa, con una bella copertina e il mio nome sopra. Peccato che io non abbia mai scritto quel libro!
La solita casa
Tutti noi compiamo tragitti sempre uguali. Capita di passare di fronte a una casa che attira la nostra attenzione. Magari ci siamo già chiesti numerose volte di chi sia. C’è qualcuno che ci abita? Oppure è abbandonata?
Ecco, immaginiamo di fermarci invece che passare oltre, e fingiamo di bussare alla porta. Potrebbe essere aperta, oppure qualcuno potrebbe invitarci a entrare.
Nel mio tragitto abituale passo sempre di fronte a un vecchissimo capannone abbandonato, piccolo, di mattoni rossi e col tetto a forma di chiglia di barca. Mi sono sempre chiesto cosa ci faccia una struttura così vetusta intrappolata nel tessuto cittadino. Ora immagino di attraversare il giardino incolto che la circonda, e di entrare attraverso il portone cigolante: dentro, il pavimento è interamente stato scavato e segnalato con delle vecchie bandelle gialle, di quelle utilizzate negli scavi. Il terreno è stato sbancato in profondità, rivelando un pavimento mosaicato, forse romano. Perché hanno abbandonato lo scavo a metà? Era una spedizione archeologica? Mentre girovago intorno alla voragine, noto una statua di donna apparire per metà dalla terra smossa.
Il taccuino
Siamo bambini, il papà ci ha messo ha letto e per calmarci si siede di fianco a noi e ci racconta una storia della buonanotte. C’è un taccuino magico, uno strano libricino con le pagine bianche e antiche. Se prendi una penna e ci disegni sopra, ciò che hai soltanto disegnato diventa reale. Qualsiasi cosa! Noi ascoltiamo rapiti, poi papà ci lascia da soli. Ovviamente non abbiamo sonno. Continuiamo a pensare a quel magico taccuino, abbiamo bisogno di sapere se esiste per davvero. Così accendiamo la luce, e troviamo al nostro fianco sul comodino un libretto con tanti fogli bianchi! Dobbiamo dimostrare che la storia di papà è vera, per cui prendiamo una penna dall’astuccio di scuola, ci mettiamo seduti sul letto e ci prepariamo a disegnare…
Cosa?
E dopo cosa succede?
Una porta che non c’era
Siamo in quarantena, chiusi in gabbia dentro casa nostra. Dopo un po’, le quattro mura diventano strette, vorremmo vedere posti diversi e stare decisamente più comodi. È il momento giusto per dedicarsi a dei progetti che non si ha mai il tempo di fare, come ad esempio riorganizzare lo sgabuzzino. È uno stanzotto inutile e infarcito di roba vecchia, scatole di scarpe, scatoloni chiusi con lo scotch e pieni di cianfrusaglie. Stiamo liberando una scansia per ridare dignità a questo posto, quando notiamo che c’è una porticina proprio dietro le mensole. Cosa ci fa lì una porta? Perché non l’abbiamo notata prima?
Presi dalla curiosità, smontiamo le mensole e liberiamo lo spazio così da poter mettere le mani sulla porta misteriosa. Titubanti ma allo stesso tempo eccitati, giriamo la maniglia.
Cosa c’è oltre?
Mi piace pensare che ci sia la stessa casa, però ribaltata a specchio. Le stanze sono speculari, gli oggetti pure. Il problema è che lì dentro vive la mia versione specchiata, e a quanto pare non andiamo molto d’accordo…
La radio
Quante volte capita di essere in auto e di non aver voglia di ascoltare la propria musica? Ci sono quei giorni svogliati in cui non si sa cosa mettere su, per cui ci si accontenta di quello che passa per radio. Solo che stai passando in una zona dove prende poco, per cui è un continuo cambiare frequenza alla ricerca di uno straccio di canzone ascoltabile. Avanti, avanti, avanti fino all’ultima frequenza, poi si torna indietro all’inizio e si riparte a scansionare.
Immaginiamo questa scena: siamo arrivati a fine banda, e invece che ripartire da capo la ricerca, la radio tira dritto. Esistono frequenze oltre la banda sconosciuta, e sarà perché ci troviamo in un posto particolare, sarà chissà cosa, sta di fatto che riusciamo a captarle.
Cosa stanno trasmettendo?
Mi piace immaginare ci sia qualcuno che parla, il podcast di una persona che racconta una storia, e questa storia parla di un automobilista che si è smarrito voltando all’incrocio sbagliato… e stiamo proprio voltando mentre l’uomo misterioso ne sta parlando.
Saluti dall’Olanda
Sei seduto alla tua scrivania in ufficio in una delle solite giornate di lavoro noiose e monotone. Inizi a giochicchiare con la penna ma ti rendi conto che ti ha un po’ stufato, è una di quelle biro aziendali che scrivono malissimo e la usi solo perché l’hai sempre a portata di mano. La getti via, e mentre lo fai ti cade lo sguardo su una penna-souvenir orrenda, inutilizzabile, che tenevi solo per cortesia. Te l’ha regalata un collega dopo essere tornato da una vacanza in olanda. È pacchiana, troppo grossa per essere comoda e con un ridicolo tulipano in cima. Forse è ora di buttarla, pensi mentre la sfili dal portapenne. Ma quando lo fai, noti che uno dei petali di plastica del tulipano è instabile. Ti è sufficiente tirarlo e ti resta in mano. Dentro è cavo e c’è un bigliettino microscopico piegato e nascosto al suo interno. Cosa c’è scritto? È una nota del collega o era già lì a sua insaputa?
Potrei immaginare che dentro ci sia un biglietto omaggio per entrare in un coffee shop molto esclusivo, che promette un premio meraviglioso a chi si presenta all’ingresso con quel coupon: un premio talmente allettante, da spingere chi se lo trova fra le mani a prenotare il primo volo disponibile per Amsterdam.
L’ospite sconosciuto
Vi sarà capitato di trovarvi a una festa o una cena dove non conoscete quasi nessuno. Uno di quegli eventi mondani che sarebbero da evitare, se non fossero obbligatori per varie ragioni. Ricordatevi l’ultimo a cui avete partecipato e immaginatevi un ospite che non è mai esistito. Una persona che non conosci, che non conosce nessuno degli altri presenti. È stato con voi per tutto il tempo, taciturno, un po’ sulle sue. Poi di punto in bianco, si è seduto al tavolo e ha iniziato a raccontare una storia, la sua storia. In un primo momento nessuno l’ha badato. Tu però eri senza niente da fare, per cui hai prestato ascolto a quello che stava dicendo.
Cos’ha raccontato? Da dove viene, cos’ha fatto di tanto speciale da meritare di essere narrato?
Magari è lì al posto di un altro ospite, che non è potuto essere presente perché – nessuno lo sapeva – è andato disperso nell’ultimo viaggio che hanno fatto insieme. Una sfida estrema, raggiungere l’Antartide in catamarano. E ne ha viste di cose strane laggiù fra i ghiacci e l’acqua nera…
Conclusioni
Questi dieci esercizi hanno lo scopo di far nascere idee ma soprattutto servono per abituare lo scrittore a una certa forma mentis, e cioè che le idee potrebbero essere ovunque intorno a lui, anche nei dettagli più insulsi o nelle cose più banali. Hanno lo scopo di aiutare chi desidera scrivere a cimentarsi con storie estemporanee, trovando soluzioni narrative che poi magari torneranno utili in opere future.
Stai cercando altre idee per degli esercizi? Prova con queste potenziali tracce per scrivere dei racconti.
Interessanti spunti che aprono infiniti scenari davanti agli occhi di chi vuole cimentarsi a far parlare la propria anima. L’uso della parola, di quella giusta al posto giusto nel momento giusto, affonda le sue radici nell’introspezione e dobbiamo ascoltarCI per comunicare tra me e il mio Io.
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