Cosa c’è di più fantasy del medioevo? Quando ci si immagina una storia fantastica, viene naturale collocarla nell’epoca dei cavalieri e delle dame, dei castelli, delle battaglie campali e degli artefatti magici custoditi da monaci senza scrupoli… questo perché il medioevo, per la cultura occidentale, è un periodo oscuro e misterioso, infarcito di storie leggendarie e custode di leggende che sono pervenute sino alla nostra epoca. In realtà, questa fantomatica “oscurità” del medioevo è stata sfatata da tanto tempo, ma permane nella cultura questa considerazione magica del periodo che va dalla caduta dell’impero romano, fino al rinascimento italiano.
Non è infatti un caso che tantissimi fantasy sono ambientati in un setting medievale, compresa la mia saga di Mordraud.
Il medioevo permette allo scrittore fantasy di usare degli espedienti narrativi facilmente riconoscibili e digeribili per il lettore, in un contesto familiare che accontenta tutti: il medioevo piace sempre, diciamolo. Un castello avvolto nella nebbia, dove vive un cavaliere in esilio forzato per espiare i propri peccati in battaglia, la cui spada è stata bagnata nel sangue di così tanti nemici, da renderla magica e senziente. Una dama di corte che ama farsi i fatti degli altri e, una notte, vede da uno spioncino la regina a letto con il fratello del re. Un messaggero a cavallo che irrompe a corte nel cuore della notte, portando tragiche notizie dai confini del regno: il popolo delle tenebre è riemerso dal sottosuolo dopo secoli di sonno profondo, e ora sta per oltrepassare le Montagne Bianche per spazzare via i regni degli umani. Nelle ombre inaccessibili della Foresta Verde, vive un popolo di piccoli uomini, bellissimi e biondi, che venerano la natura ma che nascondono un passato truce e violento di conquista.
Insomma, gli elementi tipici del fantasy sono gli stessi che caratterizzano la narrativa epica e tragica medievale, conditi da una generosa spruzzata di magia e folklore.
Non avete tempo di leggere? Allora ascoltate questa lezione dove parlo di alcuni dei contenuti di questa guida:
Il Medioevo come ambientazione ideale
Da cosa deriva l’idea che il medioevo sia un’ambientazione perfetta per un fantasy? Le cause sono numerose, ma possiamo concentrarci su una in particolare. La letteratura fantastica, come la conosciamo oggi, nasce prevalentemente dai grandi cicli leggendari come quello Arturiano o dei Nibelunghi. Ce ne sono tanti altri che ora sono meno noti, ma di sicuro non esiste nel mondo occidentale una persona che non abbia mai sentito parlare di Re Artù o di Siegfried. Questi importanti cicli letterari e narrativi sono stati per secoli la fonte di leggende, storie, dicerie, superstizioni e intrattenimento popolare che hanno attraversato l’epoca medievale approdando a noi dopo infinite variazioni e modifiche che si sono susseguite nel corso dei secoli.
In pratica, i cicli epici del medioevo già contengono tutti gli elementi del fantasy, frullati e rifrullati in base al gusto e alle mode di ogni epoca.
Prendiamo ad esempio il ciclo Arturiano: è cambiato tantissime volte nel corso dei secoli per via della tradizione squisitamente orale grazie al quale è stato tramandato, poi è stato riadattato nel periodo rinascimentale per conformarlo ai gusti del periodo, poi ha subito altri cambiamenti in epoca barocca e illuminista, e infine ha trovato una sua struttura definitiva durante l’800. Della storia originale, non è rimasto più nulla. Certi personaggi – come il Re Pescatore – sono spariti, altri sono stati spinti e forzati per compiacere una narrativa più spettacolare e magica (Merlino, Morgana). Cosa restano però? Le suggestioni e i grandi temi.
Un Re vuole riunire le terre degli avi, cadute in conflitto. Una spada magica lo aiuterà nell’ordalia. Delle forze oscure tentano di ostacolarlo. Una reliquia sacra, una volta ottenuta, darà al Re la legittimazione divina delle sue ambizioni. Un circolo di eroi guerrieri lo aiuterà nell’impresa.
Battaglie, duelli, tradimenti, amori proibiti. C’è già tutto!
Questi elementi sono stati concretizzati nelle tante modifiche alla storia apportate durante l’epoca medievale, quando queste leggende erano molto diffuse.
Inciso – sono esistiti tanti medioevi nella storia dell’umanità. Ad esempio, il medioevo per i romani e i greci fu il periodo d’oro dell’età del Bronzo, con i regni dei Babilonesi, Egizi, Accadi etc, e il loro crollo repentino e misterioso. La mitologia classica non è altro che una reinterpretazione delle leggende che i greci hanno raccolto e rielaborato, ma che pervenivano appunto da un periodo antecedente avvolto nel mistero.
Per cui il medioevo è il periodo storico ideale per collocare un fantasy. C’è il supporto di un numero sterminato di leggende preesistenti, c’è l’aspetto magico, c’è il mistero e l’atmosfera giusta, c’è il legame con la natura, c’è la violenza e la guerra. Collocando una storia nel medioevo, si ha la relativa sicurezza che i lettori prenderanno per buoni questi elementi, grazie alla familiarità culturale di cui abbiamo parlato in precedenza, creando di fatto le premesse per una narrazione efficace e una solida sospensione dell’incredulità.
Il realismo di un Fantasy
Ma quanto deve essere realistico uno scenario fantasy medievale? Non c’è una risposta giusta o sbagliata. Dipende prima di tutto dalla storia che si intende narrare: ci sono storie fantasy molto realistiche, come altre che necessitano di abbondanti dosi di magia e misticismo per essere ambientate. Di fatto, il setting medievale consente di passare da zero realismo, a realismo totale, attraverso infinite sfumature.
Nel caso in cui una storia sia assolutamente realistica, senza nessun elemento per così dire “paranormale”, siamo di fronte a un non-fantasy. È un termine contraddittorio: come fa un fantasy a essere non-fantasy? È possibile invece. Una storia è fantasy quando non ricalca gli eventi avvenuti nella realtà e quindi narra eventi mai avvenuti in un mondo della fantasia. Tale mondo può essere totalmente inventato, o una derivazione del nostro mondo, modificato dall’autore in funzione della storia che desidera narrare.
Insomma, un fantasy può essere ambientato nel 1300 a Firenze, con famiglie dal nome credibile se non addirittura vere famiglie dell’epoca, ma con una storia che non ha alcun legame coi fatti realmente occorsi nel passato. Oppure, può ambientarsi in un’Italia molto simile a quella del 1300, o addirittura può essere un posto difficilmente collocabile in Europa ma che ricorda il medioevo del 1300, fino ad arrivare a un mondo totalmente inventato che non ricorda affatto l’Europa del 1300, ma sempre rigorosamente non magico.
All’estremo opposto, lo zero realismo, ci sono mondi inventati di sana pianta che mischiano passato remoto e suggestioni moderne se non addirittura futuristiche, oppure a storie con una tale quantità di elementi magici, che si può proprio parlare di mondi magici: ad esempio, fantasy ambientati all’inferno, o ad Atlantide, etc.
Ma si può comunque parlare di influenze medievali nel caso di mondi totalmente inventati? Eccome! Ad esempio, quando la violenza è espressa tramite l’uso di armi tipicamente medievali, oppure quando il protagonista è dotato di una spada a lui cara, oppure quando ci sono gruppi religiosi monoteisti che danno la caccia ai maghi e alle streghe… sono tutti riferimenti al medioevo che esulano dal realismo o meno del mondo in cui è ambientata la storia fantasy. Anche gli spettri, i fantasmi, le presenze ultraterrene, gli angeli o i demoni, sono tutti elementi medievali che si ritrovano abitualmente nel fantasy.
Un esempio pratico: Berserk di Kentaro Miura.
Berserk è ambientato in un mondo di fantasia che ricorda il 1500 europeo, con le prime armi da fuoco, la minaccia araba oltre i confini, i regni teutonici in lotta e le bande di mercenari che imperversano. Nella prima parte della storia, l’elemento magico è confinato nell’elfo che accompagna il protagonista e in rare suggestioni che paventano la presenza di oscure forze ultraterrene che osservano gli eventi. Poi, gli elementi magici esplodono (la stregoneria, i demoni che imperversano nella realtà, l’eclissi) e la storia si carica progressivamente di elementi ultraterreni, fino a diventare totalmente non-reale (Falconia).
Ancora, il medioevo risulta essere il setting ideale di un fantasy, perché ti permette di spaziare da realismo a totale fantasia senza snaturare gli elementi riconoscibili con cui creare un legame forte con il lettore.
Gli elementi riconoscibili del Fantasy medievale: i tropi
Ho citato spesso l’importanza del legame con il lettore tramite degli elementi riconoscibili. Facciamo alcuni esempi (non esaustivi):
- L’amore proibito: una donna è destinata a un nobile, ma ama un servo.
- La magia dei boschi: nelle oscurità delle terre incontaminate dall’uomo, tutto può esserci e tutto può succedere.
- Gli artefatti dal passato: antichi oggetti sono dotati di potere, perché certi eroi li hanno posseduti in un passato mitico.
- Le visioni notturne: tramite il sogno, il divino consiglia e guida le scelte.
- Il duello: l’eroe e il suo nemico si affrontano sul campo di battaglia in un combattimento all’ultimo sangue.
- La violenza dell’acciaio: il combattimento prima delle armi da fuoco era più “vero”, più “giusto”.
E così via. Tutti questi sono elementi narrativi (i cosiddetti tropi) che, se usati, sono subito riconosciuti dal lettore e sono accettati come tali, senza necessità di doverli motivare. Sono espedienti che ti consentono di far sentire “a casa” un lettore amante del fantasy. Certo che ci vuole equilibrio: una storia di soli tropi inanellati uno dietro l’altro, può far storcere il naso a chi cerca un guizzo di novità. Ma allo stesso tempo, voler a tutti i costi forzare una storia evitando pedissequamente questi elementi di comfort, può creare smarrimento nel lettore e una pesantezza che tiene alla larga chi cerca svago nella lettura.
Come sempre, c’è un equilibro da trovare, se si vuole produrre una storia digeribile al punto giusto ma innovativa per stupire. Non è certamente facile, ma non è neanche impossibile! È importante sapere che esistono questi espedienti, come bisogna essere consci di quali siano gli elementi fortemente innovativi che si desidera imprimere nella propria opera. La consapevolezza è il primo strumento dello scrittore.
Il concetto di tropo narrativo esula dal fantasy ed è alla base della letteratura stessa. Il tropo è un elemento riconoscibile che è radicato nella cultura e che non necessita di spiegazioni per essere accettato, perché appunto si tratta di un espediente già usato in passato e quindi è stato già assimilato nella cultura di base. Ce ne sono tantissimi, e sono estremamente utilizzati in ogni ambito per costruire una narrazione.
Facciamo un esempio: il protagonista ha battuto il suo acerrimo avversario, ma non l’ha visto morire coi suoi occhi. È a casa, sta guardando la TV. Si alza per prendere qualcosa dal frigo. Apre lo sportello, infila la mano dentro e fissa il contenuto degli scaffali. Un momento di paralisi, gli occhi sgranati. Chiude il frigorifero, prende le chiavi ed esce frettolosamente di casa.
Il tropo è quello di nascondere l’illuminazione finale del protagonista in un’azione apparentemente futile e quotidiana. A chi non capita mai di essere presi da una rivelazione mentre si sta compiendo qualcos’altro di non inerente? È una situazione tipica, che si è vista mille volte nei film e nei libri.
Serve a qualcosa dire che il protagonista ha capito di aver compiuto un errore nella sfida con il nemico? Serve specificare che ha appena capito che il nemico, in realtà, è ancora vivo? No. Basta il gesto e una descrizione sommaria, e il lettore già intuisce che il protagonista ha compreso qualcosa di vitale per la trama.
Questo è il tipico uso di un tropo: comunicare una situazione senza doverla descrivere punto su punto, rovinandone l’impatto, e usando situazioni facilmente riconoscibili perché consolidate.
Il passato come elemento magico
Ho detto prima che un fantasy potrebbe non contenere alcun elemento magico ed essere comunque ascrivibile al genere fantasy, se le vicende della storia occorrono in un mondo che non sia pedissequamente reale. Questo genere di opere spesso vengono affiancate ai romanzi storici, sebbene io non sia d’accordo. Quando si narrano posti e storie di persone che sono realmente esistiti, ma si cambia il corso degli eventi inventandosi dinamiche e situazioni mai accadute, allora per quanto mi riguarda, si è nel regno del fantasy, o del “falso storico” volendo. Un romanzo storico vero e proprio necessita di una dose, appunto, di realismo molto più elevata, confinando la creatività dello scrittore a trovare ricami e collegamenti fra gli eventi ma sempre restando fedeli alla storia stessa.
Va detto che la stragrande maggioranza dei fantasy hanno in comune almeno l’elemento magico. Fantasy e magia sono intrinsecamente legati a doppio filo. La magia può essere appena sussurrata, confinata a situazioni speciali o soltanto narrata ma mai vista in pratica, oppure può essere al centro stesso della storia, ma resta il fatto che il fantasy va a braccetto con la magia sin dagli albori del genere. L’elemento magico è ciò che differenzia il Fantasy da altri generi: è forse l’unico elemento davvero caratteristico del genere. Un elemento magico non è necessariamente “la magia” in senso lato, ma è ciò che sta nel cuore della storia e la muove. Può essere un potere, un oggetto, una persona, una condizione mentale, può essere praticamente tutto, ma ciò che conta è che sia qualcosa di fondamentale per lo sviluppo della storia.
Non ci sarebbe un Artù senza Merlino, non ci sarebbe un Siegried senza anello magico. Così come non ci sarebbe una Contea senza Gran Burrone, o un Trono di Spade senza Barriera. Gli elementi magici nel fantasy sono pivotali, sono la causa degli eventi e la loro stessa soluzione.
La nostra cultura ci porta a collocare la magia nelle epoche buie. Non sono esistiti i draghi durante il medioevo, ma c’erano leggende di cavalieri che li cercavano e uccidevano. Gli elfi non vivevano nelle foreste, eppure per secoli si raccontava ai bambini che nel folto del bosco, si nascondessero presenze millenarie. La religione stessa è un acceleratore di magia. Angeli che si palesano, demoni che parlano tramite i sogni, ferite che appaiono, santi che praticano miracoli. Il passato della nostra cultura è imbibito di magia.
Per questa ragione, il setting medievale consente di dare un afflato di “verità” alla magia stessa. Una strega cresciuta da sola in una valle irraggiungibile suona più credibile di una praticante di arti magiche che vive nei sobborghi di Los Angeles. Questa credibilità è frutto di un nostro bias culturale che vede il medioevo come un periodo oscuro, violento e irragionevole, per cui latore di tutto ciò che c’è di magico nel nostro folklore.
Fun Fact: il medioevo non è stato affatto oscuro e irragionevole come si crede. L’argomento è immenso, ma per fare una sintesi, la visione distorta del medioevo è un prodotto dapprima rinascimentale e in seguito illuminista. Il medioevo era visto come custode di una cultura priva di fondamenti scientifici e razionali, vittima di sistemi di governo considerati ormai antiquati, dominata dal riprovevole oscurantismo religioso, eccetera. Il medioevo è sporco e cattivo perché le epoche successive lo hanno usato come pietra di paragone per dare importanza e brillantezza ai propri traguardi.
Quali sono i tipici elementi magici del medioevo?
- Artefatti divini o reali: la spada del re, la coppa di Dio, l’anello del santo, la bacchetta della strega, la corazza del grande guerriero
- Le evocazioni della natura: alberi parlanti, fiori pensanti, funghi che donano le visioni, animali senzienti
- Le bestie leggendarie: unicorni, leocorni, draghi, chimere, etc
- La potenza del divino: preghiere che avverano i desideri, presenze divine che aprono la possibilità di regni superiori o inferiori
- I luoghi mistici: la tomba dell’eroe caduto, la città sepolta, i tumuli degli Antichi, il fondo della foresta, il ventre delle montagne
- Le magie popolari: il malocchio delle streghe, i rituali con le erbe e le pietre, le rune magiche, le predizioni della vecchia megera
- I poteri dell’eroe: nato con il dono delle visioni, nato con il marchio, cresciuto dai sapienti arcani
E tanti altri. Secoli di folklore non si possono riassumere facilmente, ma già da questo semplice elenco, si può intuire quanti punti possono essere mutuati in una storia fantasy dando profondità e credibilità alla propria storia, grazie al contesto medievale.
Immaginare il proprio mondo
Ok, vogliamo ambientare una storia in un mondo con delle suggestioni medievali. Come fare?
Partiamo da un assunto: una persona che ha immaginato una possibile storia, ha già un setting in mente in cui vorrebbe ambientarla. Difficilmente si ha un’idea potenziale per un romanzo, senza sapere dove collocarla… è più probabile che, per inesperienza o indecisione, non si sappia come dare vita a un contesto vibrante, credibile ed efficace.
Un presupposto è d’obbligo. Non serve disporre di un mondo intero per le proprie storie. Questo è il primo scoglio di chi desidera scrivere un fantasy: l’idea comune è che serva un mondo enorme, dettagliatissimo e complesso altrimenti non si può narrare una storia di qualità.
È un pregiudizio falso.
Quello che serve è ciò che viene narrato nell’opera. Disporre di un mondo immenso intorno a una storia, se non descritto, è bellissimo ma a conti fatti ininfluente. Appaga più lo scrittore che il lettore. È un’esperienza meravigliosa immergersi con la fantasia in luoghi inventati da te, collocando storie estemporanee e scrivendo lunghe bio di personaggi che mai vedranno la luce. Però, appunto, è materia di piacere per lo scrittore. Se una persona ha solo l’idea di una trama collocata in qualche location con delle peculiarità interessanti, può bastare. L’importante è che quei pochi posti immaginati siano intensi, vivi, realistici nel senso di validi per essere popolati dalla fantasia del lettore.
Per cui, partiamo prima dal luogo in cui la storia deve dipanarsi, e creiamolo in maniera approfondita. È una città? Una foresta? Un villaggio sugli alberi? Un borgo fortificato? Diamo un nome ai posti, decidiamo quanto sono grandi e sforziamoci di immaginare come sono fatti. Facciamo una mappa mentale e popoliamola di dettagli su questi primi luoghi. Le terre del protagonista sono avversarie di un regno lontano, che però non sarà mai descritto in trama? Decidiamo a grandi linee com’è questo regno, ma – consiglio personale – dedichiamoci un tempo minore rispetto al lavoro sul posto dove la storia si dipanerà. È un attimo perdersi a costruire invece che scrivere. Costruiamo il giusto, poi ci sarà tempo, nel corso del lavoro, per farsi altre domande su luoghi che diventeranno importanti per la storia.
Quali sono gli elementi medievali tipici da tenere in considerazione?
- Le città sono di solito fortificate, dotate di mura, con al centro un grande castello o il palazzo del regnante. Ci sono quartieri con le botteghe, e altri dove scorre la vita notturna. Ci sono i ghetti, le bettole e le stalle. Volendo, ci sono delle chiese.
- I feudi più piccoli sono castelli arroccati e isolati, con intorno villaggi solitamente poveri, di legno, senza protezioni. Dominano i campi ovunque, fino al limitare di foreste profonde con stradelli che si perdono nelle tenebre
- I villaggi isolati nei boschi sono luoghi idilliaci, quando vivono a contatto stretto con la natura, o covi di eventi traumatici (quando vengono presi di mira dai banditi)
- La violenza è comune e all’ordine del giorno. I bambini vengono schiaffeggiati, le mogli idem. Un uomo può guardare nel modo sbagliato un soldato, e trovarsi ucciso nel retro di una taverna. I briganti imperversano. La guerra è una presenza costante.
- A far da contraltare alla violenza, c’è la magnificenza delle capitali, la pace dei monasteri, la tranquillità di una casetta isolata nella foresta
- Le erbe sono l’unica fonte di cura o di svago. Gli alcolici sono diffusi.
- La superstizione è dilagante. Un atteggiamento strano, sopra le righe può attrarre attenzioni sgradevoli e pericolose
- La fede (se presente) è vissuta intensamente, ma è anche una leva per rendere ricche le persone che sanno padroneggiarla
- Le case sono mediamente pulite, ma la vita è sporca: le strade sono fangose e ostiche, le bestie vagano fra gli uomini
- La scienza è scarsa, o addirittura non esistente. La magia, sia reale che farlocca, è un argomento dibattuto.
- La cultura si diffonde lentamente. Le persone, soprattutto povere, sono ignoranti. Chi tenta di affrancarsi dovrà scontrarsi con la rigidità dei ceti sociali.
Ovviamente, non tutti i punti devono essere rispettati per forza: sta alla creatività dello scrittore e a ciò che desidera comunicare, quanto restare fedeli alle suggestioni medievali, e quando tenersene alla larga.
Quanto scendere nel dettaglio?
Come già anticipato in precedenza, non reputo fondamentale che esista per forza un mondo gigante e complesso per ambientare una storia. Serve quello che è funzionale alla storia stessa. Allo stesso modo, non reputo obbligatorio essere dei medievalisti per raccontare una storia dal sapore medievale.
Facciamo subito un esempio pratico: gli strumenti. La vita nel medioevo gravitava intorno a strumenti, oggetti e cose da sapere che non ci appartengono più da secoli. Si arava con l’aratro attaccato al bue. Si tagliava l’erba col falcione. Si portavano le sementi al mulino, e così via. Se volessimo raccontare la vita di una persona in un medioevo immaginato, entrando nel dettaglio, sarebbe necessario studiare gli attrezzi in uso all’epoca, il loro nome (spesso dimenticato), come funzionano.
Ma serve?
Secondo me, no. È sufficiente dare un sentore del medioevo, se si tratta di un libro fantasy. Quindi, seguendo l’esempio precedente, già l’immagine di una donna con un fazzoletto in testa e un falcione in mano, fra le spighe mature, è sufficientemente medievale per comunicare un contesto. Qual era il nome giusto del falcione grande per il grano? Che fine farà il grano? Useranno una mola ad acqua o a vento o a traino per macinarla? Non importa.
A meno che non faccia parte della trama, ovviamente. In tal caso, è bene fare qualche ricerca per saper descrivere nel migliore dei modi le scene e, soprattutto, per valorizzare questi dettagli senza appesantire il testo.
Quindi, consiglio di evitare l’uso di nomi astrusi, di strumenti misconosciuti, di pratiche che non sono facilmente comprensibili dal lettore medio: stare sul semplice è sempre il modo più efficace per trasmettere in maniera efficace la sensazione di un mondo, senza che il lettore debba fare ricerche o studiare, per capirlo.
Conta più l’intenzione di una scena, che la descrizione minuziosa della stessa.
I medievalisti o in generale gli scrittori che amano fare ricerca preliminare per le loro opere, storceranno il naso: mi perdonino, questi sono solo consigli personali. Ben vengano le descrizioni accurate e ricche di particolarità, ma c’è un confine sottile da non superare mai: il lettore non deve sentirsi in soggezione. Non deve percepire un’ignoranza personale che lo esclude dal comprendere un testo.
Ogni tanto ci sta il termine desueto, l’oggetto strano e dimenticato, la pratica sconosciuta: magari una persona è dotata di un’arma sparita nella memoria, come una Partigiana (vedi immagine), oppure come lavoro ha fatto il tagliatore di ghiaccio, ma queste devono essere chicche che danno spessore e originalità a un personaggio o ad una storia, non devono diventare il pretesto per infarcire di oggetti incomprensibili o lavori ormai ridicoli la narrazione!
Le armi e la guerra
Non c’è un fantasy medievale senza un po’ d’azione. Anche nelle storie più incentrate sulla politica o sui raggiri, qualcuno che ammazza qualcun altro – di solito in maniera truce – c’è sempre!
Il medioevo è stato un periodo molto lungo, partito nel barbarismo e terminato con l’invenzione delle armi da fuoco. Per cui, è possibile scegliere a piacimento quali armi sono disponibili nella propria ambientazione, cercando di mantenere un minimo di coerenza. Le spade erano oggetti costosi e piuttosto rari, usate prevalentemente per i duelli urbani. In guerra si andava con mazze, martelli, armi contundenti utili a colpire gente in armatura. Le armature stesse erano uno status sociale: un poveraccio raccattato per andare al fronte aveva al massimo un gambesone (vedi immagine) e un randello. I cavalli costavano, e anch’essi erano uno status sociale. Le guerre erano preparate a tavolino e combattute seguendo dei protocolli complessi.
Questo, se si vuole restare ancorati al realismo del medioevo.
Ovviamente, nulla vieta di descrivere spade ovunque, anche in battaglia, con gente capace di sferrare fendenti talmente forti da sventrare armature di ferro. Non c’è una regola giusta, dato che stiamo parlando di fantasy. In un romanzo storico sarebbe riprovevole, ma in un’ambientazione fantastica è legittimo sentirsi liberi di descrivere scene sopra le righe, anche implausibili: l’importante è sempre la coerenza. Se una storia fila e funziona, non ha molta importanza se non si sta descrivendo in maniera storicamente accurata un duello o una battaglia. Come dicevo prima, conta più l’intenzione di una scena e cosa porta alla trama, più che una descrizione pedante e accurata.
Chiaramente, sarebbe meglio se lo scrittore si informasse preventivamente su come sono fatte le armi e le armature, sempre che lui stesso non abbia deciso di reinventarle da zero. Se si cita, ad esempio, una corazza di piastre, è bene conoscerne pregi e difetti, così da rendere la descrizione più succosa. Una corazza pesante ti rallenta, ti fa affondare nell’acqua, ti rende difficile da caricare su un cavallo. Ma allo stesso tempo, le spade ci rimbalzano sopra che è un piacere, sempre che l’avversario non conosca i punti deboli e sappia usare la propria lama in maniera sopraffina…
Una ricerca accurata può aiutare a creare belle descrizioni che arricchiscono la narrazione, ma come già consigliato, mai usare la ricerca con lo scopo di gonfiare le descrizioni con nomi e azioni e termini che costringono il lettore a riletture o indagini, per capire cosa si sta dicendo.
La magia
Prima abbiamo parlato degli elementi magici tipici dell’epoca medievale. Questi possono essere una base per delle idee o possono rappresentare il substrato dell’ambientazione, ma è tipico che lo scrittore che desidera imbastire una storia in un’ambientazione medievaleggiante, abbia una sua idea molto precisa su un personale sistema di magia. Ad esempio, nella mia saga di Mordraud, l’elemento magico è determinato dal canto: tramite l’uso melodioso della voce, l’umanità ha scoperto come dar vita alla magia.
Ogni fantasy ha i suoi elementi magici, a parte le opere che puntano tutto sul realismo (come accennato in precedenza). Si può anche dire che è proprio questo elemento magico a dare originalità o meno all’opera. Un sistema di magia originale e avvincente è a volte l’unica cosa salvabile di un’opera altrimenti poco interessante.
Esiste un elemento magico migliore di altri? No. Può essere un oggetto dotato di poteri pazzeschi, un luogo dove ogni desiderio si avvera, un potere innato, un intero sistema che è tramandato in scuole speciali… non c’è una regola. Conta però quanto lo scrittore ha ben chiaro il funzionamento del proprio elemento magico.
La coerenza, in questo caso, deve essere suprema.
È tipica la situazione di una storia fantasy con un elemento magico troppo potente o sbilanciato, che con il proseguire della trama, inizia a essere fonte di contraddizioni, forzature e storture pur di far tornare gli eventi nel modo sperato dallo scrittore. Se il protagonista, ad esempio, sa leggere nel pensiero della gente, questa sua caratteristica dovrà essere soppressa ogni volta in cui un potere del genere può rendere impossibili certi sviluppi di trama, ad esempio facendolo svenire: alla lunga, il lettore si rende conto di essere “raggirato”, e inizierà a disprezzare questi accorgimenti.
Per cui, consiglio di avere ben chiare le conseguenze del proprio elemento magico, valutandone pregi e difetti, punti deboli e punti forti, e dipanare gli eventi prestando sempre attenzione di non aver mancato la famosa coerenza che ho più volte ripetuto essere la caratteristica più importante di una storia.
Conclusioni
C’è una particolarità di un setting medievaleggiante che non ho finora descritto: cioè che è accessibile allo scrittore neofita. Non si offendano gli scrittori fantasy – io stesso ho iniziato così!
Perché è accessibile?
- L’ambientazione medievale è ben riconoscibile e non serve un impianto descrittivo da zero per comunicare al lettore dove avviene la storia
- Il materiale esistente è vasto e di qualità, per cui è relativamente facile “farsi una cultura” sull’argomento
- Le trame tendono a essere semplificate dall’ambientazione: il setting medievale è perfetto per intavolare un monomito (chiamato anche “cerchio dell’eroe”) coi fiocchi
- I paletti offerti da un contesto medievale permettono allo scrittore alle prime armi di non doversi preoccupare troppo di come funziona la propria ambientazione: non serve un world building estremamente accurato. Un re è sempre un re. Un cavaliere, idem.
Insomma, non posso che consigliare di affrontare la scrittura di un romanzo partendo da un’ambientazione medievaleggiante, sia che non si abbia esperienza in merito, sia per vivere l’ebrezza di elaborare un proprio sistema di magia o un proprio mondo vibrante e ricco di storie potenziali.
Per maggiori informazioni su come affrontare un progetto del genere, consultate pure la mia guida su come scrivere un libro.
volevo sapere se esistono setting e ambientazioni poco o mai usati nel fantasy. So che i principali sono l’Europa medievale , la Londra vittoriana o i deserti.
ciao Giuseppe,
sicuramente sono meno usate le ambientazioni orientali (se parliamo di autori occidentali). L’epoca che secondo me è meno usata in assoluto è quella appena successiva alla caduta dell’impero romano d’occidente: l’era dei cosiddetti barbari, che tanto barbari non erano.